Come combattere l'inquinamento marino?

Come combattere l'inquinamento marino?

La decisione delle Nazioni Unite di dedicare il decennio 2021-2030 alla protezione degli oceani riflette una realtà inevitabile: l’inquinamento marino è una sfida fondamentale sul piano ambientale, sociale ed economico. Dopo il vertice di Brest dello scorso febbraio e mentre è in discussione un accordo internazionale vincolante sull’inquinamento da plastica, è giunto il momento di agire. Guardiamo alle iniziative in corso da parte dei governi, delle imprese e dei cittadini.

Combattere l’inquinamento degli oceani significa innanzitutto affrontare l’inquinante più visibile e noto al mondo: la plastica. È il terzo materiale più prodotto dopo il cemento e l’acciaio, la sua durata e il basso costo continuano a garantire il suo successo commerciale. Tuttavia, un anno dopo la sua entrata in circolazione, oltre l’80% della plastica diventa rifiuto e una parte significativa finisce negli oceani.  Sulla base della sintesi di oltre 2.000 studi scientifici sull’argomento, il WWF ha evidenziato l’onnipresenza della plastica negli oceani “dal plancton più piccolo alla balena più grande2.” L’inquinamento da plastica non si limita alle immagini delle tartarughe strangolate dopo aver ingerito un sacchetto di plastica: la frammentazione della plastica dovuta ai raggi UV e all’effetto delle onde le rende ancora più nocive. Si stima che circa 24.400 miliardi3 di particelle di dimensioni inferiori a 5 mm galleggino negli oceani. Anche nel caso molto teorico in cui si riuscisse improvvisamente a bloccare il flusso di nuove plastiche nei mari, la quantità di microplastiche raddoppierebbe comunque entro il 20504. Al ritmo attuale, secondo il WWF, la quantità di detriti potrebbe addirittura quadruplicare entro il 20505.

Tuttavia, la plastica non è l’unico pericolo. I deflussi provenienti dai campi agricoli, i fiumi, la pioggia e le polveri disperse nell’aria portano inevitabilmente sostanze chimiche, fertilizzanti, pesticidi, metalli pesanti, idrocarburi e altri residui di farmaci negli oceani. Una relazione del 2021 della Rete internazionale per l’eliminazione degli inquinanti (IPEN) è particolarmente allarmante ed evidenzia le conseguenze a catena in diversi ambiti6, come i fertilizzanti che creano una sovra-proliferazione di alghe e i residui chimici che riducono la resistenza alle infezioni di orsi, leoni marini e foche.

L’evoluzione delle normative mondiali

La situazione richiede chiaramente una risposta forte e un quadro d’azione da parte delle autorità pubbliche internazionali. Fino agli anni ’70, si riteneva che l’immensità degli oceani permettesse di utilizzarli come vere e proprie discariche di sostanze pericolose. Nel 1972, la firma della Convenzione di Londra sulla prevenzione del l’inquinamento marino derivante dallo scarico di rifiuti ha rappresentato un primo passo avanti. Nel 1996 è stato siglato un nuovo accordo che vieta lo smaltimento di rifiuti radioattivi e industriali e l’incenerimento di rifiuti tossici in mare aperto. Sebbene la comunità globale stia gradualmente integrando questa sfida attraverso vari sistemi e strumenti internazionali, la posta in gioco resta elevata. Come per il problema della pesca eccessiva, l’obiettivo consiste sia nella firma di accordi internazionali realmente ambiziosi, sia nella loro effettiva applicazione, che dipende dalla qualità degli strumenti di tracciabilità e delle misure di controllo utilizzate.

Plastica: ridurre la produzione e il riciclo

Detto questo, la plastica rimane la priorità. Una parte fondamentale della soluzione sarà quella di ridurre la produzione, a partire dagli imballaggi in plastica (40% della produzione globale) e dai prodotti monouso. L’adozione da parte dell’Unione europea nel 2019 della direttiva SUP (Single-Use Plastics), una delle normative più ambiziose al mondo in materia, rappresenta un notevole passo avanti. Oltre a introdurre misure volte a ridurre l’uso di prodotti di plastica monouso in tutta l’UE (posate, piatti, bastoncini di cotone, cucchiaini per caffè, ecc.), la direttiva ha introdotto anche il divieto a partire da luglio 2021 sui prodotti di plastica monouso per i quali esistono già alternative riutilizzabili.

Un’altra sfida riguarda il riutilizzo e il riciclo della plastica raccolta. Una sfida enorme: solo il 9% dei 353 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica viene riciclato7. Tuttavia, la situazione non è del tutto pessimistica: uno studio del 2020 della rivista Science8 mostra che l’adozione pienamente efficace di tutte le soluzioni per ridurre l’uso della plastica, la raccolta e il riciclo potrebbe portare a una riduzione dell’80% dei rifiuti entro il 2040. Una delle leve chiave per raggiungere questo obiettivo sarà senza dubbio la crescita e il consolidamento di un’industria globale del riciclo della plastica. Eco-design, raccolta differenziata, riciclo e recupero… Tutte queste attività devono essere integrate dalle aziende leader a livello mondiale, con il supporto delle autorità governative e il contributo dei cittadini consapevoli della posta in gioco.

Tecnologia: accelerare il cambiamento

Un altro ambito d’azione riguarda i principali responsabili delle emissioni globali di gas a effetto serra: i settori dei trasporti e dell’energia. Come sottolineato nell’ultima relazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici9, negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo di tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio che possono contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni. Mentre il gruppo di esperti sottolinea la complessità della decarbonizzazione dei trasporti, l’aumento dei carburanti alternativi (come l’idrogeno e i biocarburanti a basse emissioni) nel trasporto marittimo può avere un impatto reale – soprattutto se associato a una significativa riduzione della domanda10 e più semplicemente limitando la velocità.

L’IPCC sottolinea anche la necessità di ulteriori ricerche e il monitoraggio di eventuali effetti collaterali negativi. L’intelligenza artificiale e la robotica avranno certamente un ruolo importante. Un robot telecomandato che raccoglie rifiuti in laghi, canali e porti turistici (Ecocoas); una nave laboratorio alimentata dalla conversione di rifiuti di plastica in carburante (Plastic Odyssey); una stazione galleggiante che raccoglie e ricicla rifiuti di plastica (8th continent); una nave che raccoglie plastica per trasformarla in prodotti di consumo (Ocean Cleanup)… Numerose start-up, associazioni e ONG si avvalgono di queste innovazioni per affrontare l’arduo compito di ripulire i fondali marini11.

Non dimentichiamo infine che, pur rappresentando una grande sfida, gli oceani sono anche parte della soluzione. Poiché svolgono un ruolo chiave nell’assorbimento di carbonio ma anche come fonte di energia, i mari del mondo sono una risorsa preziosa. Il potenziale dell’energia eolica offshore può essere riassunto in un solo dato: l’Agenzia internazionale per l’energia (AIE) stima il potenziale dell’energia eolica offshore a 420.000 TWh di elettricità all’anno12 – 11 volte la domanda mondiale di elettricità prevista nel 2040. Un’altra strada è quella di accelerare l’assorbimento e lo stoccaggio di carbonio attraverso infrastrutture che sfruttano l’energia proveniente da “maree, onde, conversione di energia termica degli oceani (OTEC), correnti e gradienti di salinità.” Analogamente, il ripristino delle zone umide costiere (in particolare mediante la riqualificazione dei diversi ecosistemi) e una migliore gestione del carbonio blu presentano numerosi benefici per la biodiversità. Per affermare questa dinamica, la comunità finanziaria avrà un ruolo chiave da svolgere. Perché come chiarisce l’IPCC, “la domanda di nuovi modelli finanziari e commerciali per attirare finanziamenti pubblici e privati verso soluzioni basate sulla natura sta aumentando in molteplici ambiti13.”

Note —
1. https://ideas4development.org/plastique-pollution-oceans/
2. https://www.wwf.fr/sites/default/files/doc-2019-07/20190607_Guide_decideurs_Stoppons_le_torrent_de_plastique_WWF-min.pdf
3. https://microplastics.springeropen.com/articles/10.1186/s43591-021-00013-z
4. https://www.lemonde.fr/planete/article/2022/02/08/la-pollution-plastique-a-atteint-toutes-les-parties-des-oceans-alerte-le-wwf_6112728_3244.html
5. https://wwf.panda.org/wwf_news/?4959466/Ocean-plastic-pollution-to-quadruple-by-2050-pushing-more-areas-to-exceed-ecologically-dangerous-threshold-of-microplastic-concentration
6. https://ipen.org/sites/default/files/documents/ipen-fisheries-v1_6cw-en.pdf
7. https://www.oecd-ilibrary.org/environment/global-plastics-outlook_de747aef-en
8. https://www.science.org/doi/10.1126/science.aba9475
9. https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg2/downloads/report/IPCC_AR6_WGII_SummaryForPolicymakers.pdf
10. https://ocean-climate.org/en/ipcc-report-the-ocean-is-also-part-of-the-solution-to-climate-change-mitigation/
11. https://www.forbes.fr/environnement/linnovation-au-service-des-oceans-ces-initiatives-qui-nettoient-nos-espaces-marins/
12. https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg2/downloads/report/IPCC_AR6_WGII_SummaryForPolicymakers.pdf
13. https://ocean-climate.org/en/ipcc-report-the-ocean-is-also-part-of-the-solution-to-climate-change-mitigation/

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